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La cialtroneria

venerdì 30 ottobre 2015

UN RITO

Ogni casa ha il suo "lever" e "coucher" . Da me, il lever, è sempre più difficile del coucher. I ragazzi appena mettono il naso fuori dal letto, si chiudono in bagno e, seduti per terra a gambe incrociate, si mettono davanti alla stufetta ad uso totem; potrebbe essere un santo, o un Budda, la cosa non cambierebbe, a vederli da dietro sembrano in uno stato meditativo subcosciente, quando invece si stanno solo svegliando. Uno dei tre mi dice che lui al mattino ha bisogno di pensare, l'altro mi dice che ha solo bisogno di calore, l'ultimo che vuole compagnia. Ognuno lega all'oggetto, il proprio bisogno. Quando diamo vita ad un rito personale, tutti andiamo cercando la soddisfazione di un bisogno, o desiderio. Il rito è un gesto che ti scegli, lo scegli per necessita, per trovare un bilanciamento anche temporaneo, ma efficace. Qualcuno ha il pensiero che affiora, qualche altro che affonda; cioè ad alcuni i pensieri salgono dell'inconscio come oggetti che galleggiano sulle acque, altri invece devono immergersi nelle correnti dell'io, ed andarseli e cercare fra mari bui. Sono modi diversi di essere, ma ciò che lega queste dinamiche sono i riti. Sia che aspetti il salire del pensiero che ti serve, o che tu lo vada a cercare con la muta, quasi sempre il momento in cui questo accade, è un momento legato ad un rito quotidiano, ad un uso che inconsapevolmente ti rassicura e protegge; la ricerca di una quiete che favorisca il pensiero, qualunque esso sia. Un rito per pensare, pensare per vivere.

mercoledì 14 ottobre 2015

ALMENO

Se Veronesi, nel suo ultimo libro, vuole sparare ai "secondini", non intesi come guardie, ma come a porzioni di tempo dette impropriamente, io voglio sparare agli "almeno", od ogni almeno un plotone di esecuzione. Di tante parole che destano la mia stizza, almeno è la numero uno, anche peggio di "te lo avevo detto". Dietro ad ogni almeno c'è un rimprovero, una recriminazione, un sermone, o una falsa consolazione. "ALMENO potevi dirmelo" (se uno non dice di solito ha le proprie motivazioni) "ALMENO potevi farlo" (se non lo hai fatto non avrai potuto) "ALMENO non ha sofferto"(falla tu la prova) "ALMENO hai un figlio" (ma che è una questione di numeri? Non di individui?) Almeno.....pum, pum, pum...morto, mortissimo, insieme alle consolazioni che non hanno ne sesto, ne vigilia, diceva nonna. "Almeno state zitti", ecco cosa i vuole. Di rimbrotti, rimproveri, constatazioni ovvie, e lesinazioni poco intelligenti di consolazioni che non consolano è pieno il mondo, se dovete scendere in luoghi comuni, "almeno" tenete...pum, pum. Perché sia udibile un consiglio deve essere applicabile, e perché sia consolante un discorso, deve volgere al pensiero positivo, la rassicurazione non è un modo di dire, è un modo di essere. "Almeno" è un modo di sparare alle speranze, alle gratificazioni, al "quello che fai non è abbastanza", al tanto sei come gli altri, al ringrazia che hai il male minore. Ma che uno ha sempre voglia di consolarsi con i mali degli Altri? A volte bisogna prendere coraggio da se stessi, senza attingere alle disgrazie altrui, che allo stato pratico non consolano davvero e non risolvono le proprie. Se non sapete cosa dire in certe circostanze, o pensate di stare per pronunciare il vostro "Almeno", pum, pum, pum.. di certo chi vi ascolta preferira' il vostro silenziose che vorrà dire: " non so cosa dire, mi mancano le parole, perché non è sempre tutto esprimibile, dicibile, e sentibile. Almeno però ti sono vicino"...Almeno provateci Naomi Tolentinati